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Black Friday 2025: chi ha deciso davvero i nostri acquisti?

Black Friday 2025: chi ha deciso davvero i nostri acquisti?

Tempo lettura stimato: 4 min

Finalmente è finito il periodo Black: email a fondo nero, banner neri, sconti “dark” ovunque… non se ne poteva più!
Ho passato settimane (black month) a schivare notifiche e carrelli “urgenti”, nel frattempo qualcuno o meglio qualcosa, molto silenziosamente, ha iniziato a decidere gli acquisti al posto mio: i chatbot.

Quest’anno il Black Friday ha avuto un venditore in più, anzi milioni: i chatbot alimentati dall’intelligenza artificiale.
Mentre ognuno di noi pensava di “dare solo un’occhiata alle offerte”, modelli conversazionali aperti sul telefono o sul browser hanno lavorato per guidare le nostre decisioni di acquisto, spostando all’online una fetta enorme del nostro budget di spesa.

Dal motore di ricerca al chatbot

Il dato più interessante non è solo quanto abbiamo comprato, ma come ci siamo arrivati. Prima si cercava “miglior TV 55 pollici Black Friday” su Google, si aprivano dieci schede, si confrontavano recensioni e alla fine, forse, si decideva. Oggi il film è diverso: scriviamo dentro un chatbot “consigliami una TV per vedere film e partite di calcio sotto i 700 euro” e aspettiamo il verdetto.
In pochi secondi arrivano due o tre modelli “perfetti per te”. Ditemi chi ha voglia di riaprire dieci schede sul browser dopo una risposta così rassicurante?

La libertà di scelta filtrata dall’AI

Qui entra in gioco la parte un po’ scomoda della storia. Ci sentiamo più informati, ma in realtà abbiamo già delegato metà del processo decisionale. Non “vediamo” tutti i prodotti, vediamo quelli che il modello ha selezionato per noi sulla base di ciò che trova online: schede tecniche, contenuti dei brand, recensioni, comparatori.
La libertà di scelta c’è ancora, ma è passata attraverso un filtro che non controlliamo e che non sempre capiamo.

Black Friday come crash test per i brand

Per i brand, il Black Friday 2025 è stato il crash test di questa nuova realtà. Molte aziende hanno scoperto che il loro primo “punto vendita” non è più la home page o lo store fisico, ma la risposta di un chatbot. Se il modello ti nomina, hai una possibilità di entrare nel carrello. Se non ti prende nemmeno in considerazione, è come se in quel preciso momento non esistessi.
Le conversazioni in chat sono il nuovo funnel: bisogna progettare contenuti che rispondano davvero alle domande delle persone, non solo agli algoritmi.

SEO, GEO e AEO: oltre il Black Friday

È qui che SEO, GEO e AEO smettono di essere sigle per addetti ai lavori e diventano sopravvivenza.
La SEO tradizionale serve ancora a farsi trovare sui motori di ricerca.
La GEO (Generative Engine Optimization) lavora su un altro livello: fa in modo che i tuoi contenuti siano leggibili, comprensibili e affidabili per i motori generativi che producono risposte, liste, confronti.
L’AEO (Answer Engine Optimization) parte da una domanda molto semplice:
“Quando qualcuno chiede qualcosa a un chatbot nel mio settore, il mio brand compare tra le risposte davvero rilevanti?”.

Scrivere per le persone… e per i modelli di AI

In pratica, significa cambiare modo di scrivere e di progettare i contenuti.
Niente testi generici da brochure, ma informazioni chiare, dati, FAQ reali, guide che rispondono a domande vere. I modelli di AI non “vedono” il design, ma capiscono struttura, coerenza e autorevolezza. Se una pagina è confusa per un essere umano, lo è anche per loro. E di conseguenza non verrà proposta nel momento in cui conta: quando l’utente sta decidendo di acquistare.

Noi consumatori tra spot e chatbot

E noi consumatori?
Anche qui la situazione è ironica. Ci lamentiamo degli spot pubblicitari invadenti, ma ci affidiamo con fiducia assoluta a una chat che ci dice “questo è il prodotto migliore per te”. Il rischio è di passare dal “compro perché l’ho visto in TV” al “compro perché me l’ha detto il chatbot”, con la sensazione confortante di aver preso una decisione razionale. In realtà stiamo solo spostando il peso del consiglio da un canale a un altro.

Rimettere l’umano al centro delle decisioni

La buona notizia è che non siamo condannati al pilota automatico. Possiamo usare l’AI come un consulente intelligente, non come un oracolo. Possiamo chiedere: “Dammi tre alternative diverse”, “Mostrami anche soluzioni più economiche”, “Spiegami perché consigli questo prodotto invece di un altro”. Possiamo uscire dalla chat per verificare recensioni indipendenti, condizioni di reso, assistenza post-vendita. In altre parole, possiamo rimettere un po’ di noi dentro il processo di acquisto.

Brand e AI: conversioni che non si vedono

Per le aziende, invece, il messaggio del Black Friday 2025 è chiaro: se non lavorano su GEO e AEO, stanno lasciando sul tavolo conversioni che non si vedono nemmeno nei report. Significa aggiornare i contenuti, evitare il tono autoreferenziale, rispondere alle domande che le persone fanno davvero.
Significa trattare chatbot e motori generativi come nuovi canali di distribuzione dei contenuti.

Il prossimo Black Friday (e la responsabilità nella scelta)

Il prossimo Black Friday sarà ancora più popolato da assistenti virtuali, suggerimenti personalizzati e panoramiche AI.
La differenza la farà chi riuscirà a mantenere al centro una cosa semplice e molto umana: la capacità di spiegare bene, con chiarezza e onestà, perché un prodotto è adatto alla persona che ha fatto la richiesta.
Il resto lo farà pure l’intelligenza artificiale, ma la responsabilità delle scelte, simpatica ironia, resterà comunque nelle nostre mani, e saremo presto messi alla prova con il Cyber Monday e il Natale.

FAQ

Che differenza c’è tra SEO, GEO e AEO nel contesto dell’AI?
La SEO ottimizza per i motori di ricerca tradizionali, la GEO per i motori generativi che producono risposte e consigli, mentre l’AEO mira a far comparire il brand come risposta diretta alle domande degli utenti. Insieme, permettono ai marchi di farsi trovare anche dentro le chat AI.
Perché l’intelligenza artificiale rende le nostre scelte meno “libere”?
Perché filtra informazioni, seleziona opzioni e propone “la scelta migliore” prima ancora che noi vediamo l’intero panorama. La sensazione è di autonomia, ma una parte del processo decisionale è stata già delegata all’algoritmo.
Cosa devono fare i brand per essere citati dai chatbot durante le ricerche per lo shopping?
Devono curare contenuti chiari, aggiornati e autorevoli, strutturati per rispondere a domande reali. È fondamentale lavorare su GEO e AEO per diventare fonti attendibili per l’AI e non essere esclusi dalle sue risposte.
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