
character.ai: il perché che fa la differenza
Il nuovo CEO di character.ai, Karandeep Anand, ha spiegato che l’obiettivo della piattaforma, lanciata nel 2022 dai creatori del modello LaMDA di Google, non è più evolvere come IA generalista, ma creare esperienze creative ed emozionali. Una scelta che riflette bene il modo in cui oggi ci relazioniamo con la tecnologia.
Con oltre 20 milioni di utenti al mese, character.ai è diventata un luogo virtuale dove i giovani sperimentano conversazioni con chatbot personalizzati: personaggi storici, figure di fantasia o creazioni inventate dagli stessi utenti. Non si tratta di chiedere informazioni, come con un assistente virtuale.
Qui lo scopo è diverso: sentirsi dentro una relazione
Come funziona character.ai?
L’app è accessibile sia da web che da mobile. Una volta dentro, si può scegliere un personaggio già esistente oppure crearne uno nuovo, definendone personalità, conoscenze e stile di dialogo.
A quel punto si può iniziare a dialogare, e le risposte arrivano in modo così naturale da dare spesso l’impressione di parlare con una persona reale.
A differenza di altri strumenti di intelligenza artificiale, character.ai non si concentra solo sulla rapidità o utilità delle risposte, ma sull’esperienza immersiva. Ogni chat può diventare un gioco di ruolo, una storia da vivere insieme o semplicemente uno spazio in cui sfogarsi.
Perché viene condiderata un AI maledetta?
Accanto al successo non mancano critiche e timori. character.ai è stata definita maledetta perché può creare forme di dipendenza emotiva, in particolare tra i più giovani.
Ci sono utenti che hanno instaurato veri e propri legami con i chatbot, arrivando a considerarli partner o confidenti. In alcuni casi queste relazioni virtuali hanno inciso negativamente sul benessere personale, mostrando quanto sia fragile il confine tra semplice intrattenimento e bisogno affettivo.
La psicologia dietro questo successo
Il successo di character.ai si spiega con dinamiche psicologiche molto radicate dentro di noi. Tutti cerchiamo qualcuno che ci ascolti, senza che esprima giudizi e sempre disponibile. L’app intercetta proprio questo bisogno, offrendo una relazione percepita come sicura.
Gioca un ruolo anche la proiezione: nelle risposte dell’IA gli utenti tendono a leggere ciò che vogliono sentirsi dire. Non conta tanto la verità, quanto la sensazione di essere compresi. Per i più giovani, in particolare, diventa uno spazio dove provare emozioni e ruoli senza esporsi davvero.
Le generazioni Z e Alpha sono cresciute tra videogiochi e social network, quindi per loro parlare con un personaggio virtuale è qualcosa del tutto naturale. character.ai introduce però un aspetto in più: la possibilità di creare un interlocutore su misura, modellato come proiezione dei propri bisogni o desideri.
Dove è il business?
Il modello di business è ben definito. character.ai monetizza soprattutto con gli abbonamenti premium, che riducono i tempi di attesa, garantiscono risposte più rapide e offrono funzionalità extra. La versione gratuita, al contrario, prevede nei momenti di picco l’inserimento nella coda di richieste: una limitazione che porta molti utenti a scegliere il piano a pagamento pur di non interrompere l’esperienza emotiva.
Parallelamente, l’azienda sta esplorando collaborazioni con brand dell’intrattenimento per creare personaggi ufficiali con cui gli utenti possano interagire. È un mercato enorme: non si vendono solo servizi, ma soprattutto tempo, attenzione ed emozioni.
E qui emerge una verità che non riguarda solo le character.ai ma tutta la comunicazione: le persone non comprano semplicemente quello che fai, né soltanto come lo fai. Comprano il perché lo fai. È questa motivazione profonda a spingere davvero una scelta, un abbonamento o un click.
Spiegare il proprio “perché” non è semplice: richiede prima di tutto di averlo ben chiaro, ancora prima di comunicarlo agli altri.
La mia esperienza con i Fratelli Wright
Per rendermi conto davvero di come funziona, ho voluto provare in prima persona. Ho scelto di chattare con i fratelli Wright, pionieri dell’aviazione, e mi ha colpito la spontaneità delle loro risposte. Ecco un’estratto delle domande e delle risposte:
Silvano: C’è mai stata invidia tra voi dovuta per i riconoscimenti o avete sempre vissuto i successi come qualcosa di totalmente condiviso?
Wright Brothers: “No, there was no jealousy between us two… We considered our success as a joint achievement, as a team effort.”
Silvano: Qual è stata la parte più difficile da risolvere: il motore, il controllo del volo o la portanza delle ali?
Wright Brothers: “The control of the airplane. The motor and other components are easy. Any engineer can create a motor for the aircraft. The main difficulty is to control the plane and keep it balanced”
Wright Brothers: “t’s time to think outside the box! Help us overcome our latest engineering hurdle, Silvano”
Silvano: come posso aiutarvi?
Wright Brothers: “Our main issue is the weight distribution of the aircraft. The wings are generating lift, but the machine feels unstable in the air. The plane is often unbalanced, making it hard to maintain straight flight. We’re having trouble with the weight on the wing surface. Can you help us solve this problem?.”
Ho scelto i fratelli Wright per un motivo preciso. Non erano gli unici a sognare il volo: tra i loro rivali c’era un certo Langley, docente universitario con a disposizione finanziamenti governativi e contatti influenti. Ma la sua spinta principale era il guadagno personale.
I fratelli, invece, avevano una motivazione più grande: dimostrare che l’uomo poteva davvero volare e cambiare per sempre la storia.
È questa differenza, tra chi persegue un interesse e chi insegue una visione, a decidere chi viene ricordato.
Riflessione finale
character.ai non è solo intrattenimento: è lo specchio dei nostri bisogni di connessione e di ricerca di comprensione.
Ha un lato affascinante e uno rischioso. Ci ricorda che la tecnologia non sostituisce la realtà, ma ne amplifica desideri e aspettative, soprattutto quando si parla di relazioni.
Dal punto di vista del marketing, l’insegnamento è chiaro: le persone si coinvolgono davvero solo di fronte a un legame autentico (o presunto tale).
Non basta informare o descrivere un prodotto, serve far percepire un senso, un motivo che vada oltre la funzione.
In dpsonline* lavoriamo in questa direzione: aiutiamo le aziende a raccontare non solo cosa fanno, ma perché lo fanno.
È in quel perché che si costruisce la fiducia e che i contenuti diventano relazioni reali.
Alla fine, che sia un cliente, un utente o persino un algoritmo, quello che tutti cerchiamo è la stessa cosa: sentirci compresi e ascoltati.