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Removed: lo smartphone ci ha tolto tutto

Tempo lettura stimato: 3 min

Ogni anno, con l’arrivo delle ferie, riaffiora un desiderio che sembra impossibile da realizzare: staccare completamente dal digitale. Lo chiamiamo digital detox e, almeno sulla carta, sembra semplice: niente notifiche, niente email, niente social.
Solo tempo reale, contatti diretti, silenzio tecnologico.
Ma la verità è che disconnettersi davvero è molto più difficile di quanto pensiamo. Lo smartphone è diventato il nostro navigatore, la nostra macchina fotografica, il nostro biglietto aereo, la nostra memoria. Rinunciarvi, anche solo per pochi giorni, è quasi un atto di coraggio.

Eppure, il bisogno di un distacco esiste e cresce.
Le vacanze dovrebbero essere un’occasione per guardare negli occhi le persone accanto a noi, ascoltare senza distrazioni, respirare senza fretta. Ma quante volte, anche davanti a un tramonto, finiamo per guardarlo attraverso lo schermo, filtrandolo per Instagram?
È qui che il concetto di digital detox incontra in pieno la forza di un lavoro fotografico in cui mi sono imbattuto navigando sul web: Removed di Eric Pickersgill, un progetto che non parla di vacanze ma ci mette davanti al vero ostacolo: non è solo questione di tempo libero, è questione di abitudini profonde.

Lavorando nel digitale, il telefono è diventato un’estensione del mio corpo. Mi accompagna ovunque, registra pensieri, email, riunioni, notifiche, e ogni tanto anche una fotografia fatta di fretta. Eppure, quando ho visto per la prima volta le fotografie, mi sono fermato.
Quelle immagini mi hanno inchiodato.

Non per la tecnica, non per la composizione. Ma per quello che manca.

Nel progetto Removed, Pickersgill fotografa persone intente a usare i loro smartphone, ma poi rimuove fisicamente i dispositivi prima di scattare. Il risultato è un’immagine fortissima: coppie a letto che non si parlano, famiglie in soggiorno che non si guardano, amici al ristorante che non si ascoltano.
Il gesto resta – la testa china, le mani a mezz’aria – ma l’oggetto è sparito.
E quel vuoto dice più di mille parole.

Emerge, una moderna malinconia. La solitudine amplificata dal gesto interrotto. E dalla consapevolezza che siamo tutti lì dentro, in quelle foto. Tutti con i nostri smartphone “rimossi”.
Il progetto non dice “spegni il telefono”. Ma ci mette davanti a una domanda: cosa stiamo davvero guardando?
E soprattutto cosa ci stiamo perdendo?

Altri fotografi ce lo ricordano. Uno su tutti, Antoine Geiger, con il suo progetto Sur-Fake, mostra persone risucchiate dai loro schermi, letteralmente deformate e tirate dentro il dispositivo. Il messaggio è chiaro: gli smartphone non sono solo strumenti, ma ambienti in cui ci perdiamo, siamo ciò che guardiamo.

In dpsonline*, ci troviamo tutti i giorni a progettare esperienze digitali. Siti web, contenuti, campagne. Ogni giorno costruiamo interazioni, ma è giusto chiederci: stiamo creando connessione o solo attenzione? Siamo parte del problema o della soluzione?

Credo che opere come quelle dei fotografi che ho citato servano a questo: non a demonizzare, ma a risvegliare. A farci capire che il digitale deve arricchire la realtà, non sostituirla. Che guardare uno schermo non può diventare più interessante che guardare negli occhi chi ci sta accanto.

A volte, basta una fotografia per ricordarci che la vita è qui, non dietro uno schermo.

Per approfondire

Un’indagine AstraRicerche per Manageritalia fotografa l’estate 2025 dei manager italiani: vacanze sì, ma con lo smartphone acceso. Se da un lato cresce la consapevolezza del valore del tempo personale, dall’altro resta forte la cultura della reperibilità: il 73,7% rimane sempre raggiungibile e il 69,5% continua a leggere le mail di lavoro, anche se i dati sono in calo rispetto al 2019.

Consulta l’indagine completa cliccando qui

 

*Fotografia Connessi, altrove. © 2025 dpsonline – realizzata con intelligenza artificiale

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