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La ripartenza di domani? Nasce dalla forza dei legami, oggi

Tempo lettura stimato: 5 min

La pandemia che ha spazzato il mondo nel 2020, nonché le risposte dei singoli individui e dei governi a essa, hanno evidenziato la nostra continua lotta per stabilire un equilibrio tra gli imperativi della sopravvivenza e la necessità di non rinunciare a quanto riempie le nostre esistenze. Per molti, questa situazione ha comportato sacrificare la qualità della vita per salvare vite.

Su un campione di 3,4 milioni di persone a livello mondiale è emerso che la solitudine fa aumentare il rischio di morte precoce del 26%, l’isolamento sociale del 29%, vivere soli del 32%. Viceversa, quando (nel 2010) sono stati combinati i dati di 148 studi condotti su oltre 300mila partecipanti, abbiamo rilevato che essere socialmente connessi innalza del 50% le probabilità di sopravvivenza.

Va detto che i risultati sono stati depurati da possibili concause. Ne emerge che l’essere soli o isolati ha effetti paragonabili ad altri noti fattori di rischio, come l’obesità, la sedentarietà o l’inquinamento atmosferico.

Certo gli effetti di connessione e isolamento sociali sulla mortalità erano a lungo termine; gli studi seguivano infatti le persone in media per sette anni e mezzo.
Rispetto alla minaccia potenzialmente immediata posta dal coronavirus, le recenti raccomandazioni di mantenere il distanziamento fisico e di chiudersi in casa appaiono giustificate.
Tuttavia, l’angoscia significativa causata da queste pratiche di isolamento sollevano preoccupazioni circa gli effetti sul benessere e sulla salute mentale, e più in generale sulle ricadute a lungo termine.

Contrastare la diffusione del virus comporta sicuramente costi sociali, ma finora i timori sulle ripercussioni del confinamento hanno riguardato soltanto la sfera economica. Simili preoccupazioni andrebbero rivolte alla possibilità di una recessione sociale.

 

L’ISOLAMENTO SOCIALE, UN VECCHIO PROBLEMA

Già prima della pandemia, in molte società aumentava l’isolamento sociale e ciò stava divenendo un’importante questione di salute pubblica. Secondo l’Istat, 1,3 milioni di ultrasessantacinquenni italiani che vivono soli non hanno accesso ad alcuna rete sociale.

Una recessione economica è caratterizzata da una significativa riduzione dell’attività economica, i cui effetti possono trascinarsi a lungo dopo che l’economia torna a crescere. Similmente, le restrizioni sociali che stiamo sperimentando potrebbero avere profonde conseguenze di lungo termine, anche dopo che le misure di confinamento siano state rimosse.

Fatta eccezione per i lavoratori “essenziali”, la pandemia ha richiesto di limitare la prossimità fisica quasi esclusivamente alle persone con cui si vive. Siccome oltre un quarto della popolazione britannica, statunitense e dell’Unione Europea vive sola, ciò ha comportato scarsa o nulla interazione sociale per moltissime persone.

A prescindere dalle condizioni di vita dei singoli, mantenere connessioni con altri fuori dalla propria abitazione durante una quarantena comporta un maggior ricorso alle tecnologie digitali.
Certo, l’uso di tali tecnologie era in forte crescita già prima della pandemia, ma con le scuole chiuse e numerosi lavori svolti “da remoto”, molti si sono trovati di fronte ai problemi posti da connessioni lente e divario digitale.
L’accesso a internet è oggi più vitale che mai, però dobbiamo interrogarci sulle possibili conseguenze di un massiccio incremento nell’uso delle tecnologie digitali. Può la tecnologia emulare anche solo in parte l’esperienza umana dell’interconnessione sociale? Possono i nostri bisogni sociali essere soddisfatti con l’uso di tali strumenti?

 

COME INTERAGIRE, A DISTANZA

Abbiamo chiaramente bisogno di modi per interagire restando fisicamente a distanza, ma dobbiamo apertamente valutarne pro e contro. Per molti aspetti, intrattenere relazioni sociali online potrebbe risultare analogo all’introduzione del cibo industriale.
La definizione dei valori nutrizionali di tali alimenti varia sensibilmente, ma non v’è dubbio che la loro comparsa abbia aumentato di molto l’accesso al cibo, riducendo così la fame. In quest’ottica, i vantaggi sociali sono stati notevoli. Tuttavia, l’avvento di cibi altamente raffinati è spesso assunto a causa della tendenza globale all’obesità.

Mangiare cibi raffinati è certo meglio che morire di fame, ma alla lunga i nutrizionisti lo sconsigliano. Questa dieta può essere meno nutriente, persino dannosa. Analogamente, in questo tempo di distanziamento fisico connettersi agli altri per via digitale può essere meglio di niente, ma affidarsi unicamente a forme di contatto sociale “altamente raffinate” può privarci di componenti essenziali dell’interazione umana e può finanche aumentare la nostra esposizione a elementi dannosi.

Una società siffatta aiuterà anche a contenere la diffusione dei virus, ma ci priverà dei benefici per la salute derivanti dal contatto fisico, documentati sia negli animali che nell’uomo. Gli studi mostrano che il contatto fisico non è solo una parte fondamentale dei legami sociali, ma aiuta anche a regolare lo stress e la temperatura corporea.

Stringere mani, toccare, abbracciarsi, cullarsi l’un l’altro è stato persino associato, in taluni casi, a una migliore risposta immunitaria. Il contatto fisico è anche responsabile di un microbioma più vario, importante per la salute e la risposta alle malattie.
Ridurre il contatto fisico comporta dunque il rischio di altri costi sanitari a lungo termine.

Per quando il vaccino sarà sviluppato e reso disponibile, è possibile che la società si sia abituata al distanziamento e che non ritenga più sicuri i grandi assembramenti.
Alcune norme sociali potrebbero diventare permanenti. Di certo, assisteremo a cambiamenti profondi del modo in cui viviamo, lavoriamo e giochiamo – nonché del modo in cui invecchiamo.

Sono tutti fattori importanti per la nostra salute. Alcune persone si adatteranno particolarmente bene a queste novità, ma se i livelli generali di isolamento sociale e solitudine cresceranno, nel lungo termine sarà probabile che la salute pubblica ne risenta.
Inoltre, per le persone che già prima erano sole e/o isolate e per quelle afflitte da patologie fisiche o mentali preesistenti, il distanziamento sociale potrebbe facilmente comportare un aggravamento della condizione medica.

Le crisi sono un’opportunità di imparare e di agire. Con l’emergere e il progredire della pandemia, il confinamento in casa, raccomandato o imposto, era e resta comprensibile. L’attuazione di queste strategie, tuttavia, comporta per la società conseguenze inevitabili, che travalicano l’ambito epidemiologico.

Questa esperienza globale potrebbe fornire una grande opportunità di ridisegnare le politiche per evitare un inasprimento dell’isolamento sociale.
È tempo di studiare i costi della solitudine umana.
La nostra salute futura dipende dal modo in cui sapremo incoraggiare, mantenere e accrescere la connessione sociale.

 

Grazie per la lettura!

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