Smart working, il 54% delle imprese lo manterrà dopo la pandemia: è l’inizio di una nuova normalità?
Intorno a marzo 2020, all’indomani della pandemia, il mondo del lavoro così come lo conoscevamo ha cambiato aspetto. Di punto in bianco, l’ufficio dove eravamo abituati a lavorare a stretto contatto con i colleghi si è trasferito a casa nostra: così l’esigenza dell’isolamento ha reso necessario il lavoro a distanza, fatto di videocall su Zoom e connessioni instabili. Poco più tardi, abbiamo scoperto che questo cambiamento aveva un nome ben preciso: si chiamava smart working… e avrebbe rappresentato il futuro del lavoro. Per tutti, piccole e grandi imprese.
Oggi siamo ad aprile 2021, un anno dopo. Benchè alcune imprese in Italia abbiano potuto riaccogliere i propri dipendenti (soprattutto quelle che non possono concepire un lavoro a distanza) molte di queste continuano ad avere gli uffici semivuoti. I dipendenti lavorano, ma a casa loro. E qualcosa, in un anno, è sicuramente cambiato.
UN ANNO DI SMART WORKING: COSA È CAMBIATO?
In un anno tutti noi abbiamo imparato a convivere con lo smart working, a comprenderlo e apprezzarlo per i suoi aspetti positivi. Addirittura abbiamo potuto fare formazione a distanza in ottica di lifelong learning. Perchè è vero, la pandemia ha fatto più danni che altro, ma sotto certi aspetti è stata un vero e proprio acceleratore di processi che dovevano accadere comunque, solo più lentamente.
Il risultato? Oggi più della metà delle imprese, il 54% per l’esattezza, si dice certa di utilizzare lo smart working non soltanto durante questa lunga fase di emergenza sanitaria, ma anche dopo, in misura permanente. A svelarlo è una ricerca di Fondirigenti, Fondo interprofessionale per la formazione dei manager, promosso da Confindustria e Federmanager. A distanza di pochi mesi dalla sua prima indagine sul lavoro agile, Fondirigenti è tornato a sondare – tra le sue 14mila imprese aderenti – un tema cruciale per il nostro futuro, con la Quick Survey Smart working 2.0, ottenendo 1.500 risposte al questionario online da parte di imprenditori, manager, funzionari, quadri e impiegati. Il campione è costituito al 74% da aziende del Nord, al 18% del Centro e al restante 8% del Sud, con una dimensione organizzativa per il 63% di PMI e per il 37% di grandi imprese.
I RISULTATI DELLA RICERCA DI FONDIRIGENTI
I risultati della ricerca non sembrano lasciare spazio a dubbi in merito all’effettiva valenza dello smart working: l’aumentata capacità di innovazione delle aziende, grazie alla formazione, ha potuto sostenere in smart working e il 56% dei suoi lavoratori. E ancora, il lavoro agile fa bene anche all’ambiente: i minori spostamenti possono contribuire a ridurre le emissioni di anidride carbonica di circa 300 chili a persona l’anno, consentendo a ciascuno un risparmio di oltre mille euro.
Come volevasi dimostrare: il Covid è stato uno straordinario acceleratore per il lavoro a distanza: prima dell’emergenza sanitaria vi faceva ricorso soltanto il 13% delle imprese, mentre oggi soltanto il 4% non lo ha mai sperimentato. Nei mesi è cresciuta la preparazione delle imprese per questa modalità di lavoro e aumentato il gradimento degli interessati. Ovviamente, è lecito e auspicabile pensare a un futuro in cui lo smart working possa andare a braccetto con il lavoro in presenza: in questa ottica, nel disegnare la settimana lavorativa ideale, l’opinione prevalente è che si dovrebbe fare a metà: 2,6 giorni in presenza e 2,4 a distanza.
Secondo i dati dell’indagine di Fondirigenti, le più propense a utilizzare lo smart working anche dopo l’emergenza saranno le cooperative (l’86% delle stesse), seguite da enti no profit (85%) e dalle aziende di beni e servizi (58%). Questa modalità sarà più diffusa nei servizi, meno in quelle manifatturiere coinvolte più spesso nelle filiere produttive dei beni necessari, per i quali sono indispensabili attività in presenza. Il Centro è l’area territoriale caratterizzata dal maggior numero di lavoratori coinvolti dallo smart working (attualmente il 54,8%, ma durante il primo lockdown erano arrivati al 67,1%) al secondo posto il Nord (47,2 % dei lavoratori) e infine il Sud, che al momento si assesta al 43,1%.
Ma quali sono gli aspetti più positivi del lavoro da casa? Il primo è l’equilibrio con la vita privata, a cui in media viene dato il voto 3,91 su 5, seguono la gestione e flessibilità del tempo (3,72), il livello di concentrazione (3,48), la produttività individuale (3,44) e il raggiungimento degli obiettivi (3,32). Più in generale, gli impiegati attribuiscono maggiori effetti positivi alla qualità del lavoro in smart working rispetto ai manager, che in media si attestano su un punteggio di 3,1 su 5.
SMART WORKING: UNA NUOVA NORMALITÁ O UN’ESPERIENZA DA CUI IMPARARE?
La domanda fondamentale è: siamo davvero pronti per lo smart working? È davvero una nuova normalità? O è forse più auspicabile un ritorno alla normalità senza dimenticare quanto imparato? Quali sono gli aspetti problematici di quest’esperienza ancora in fase di transizione? Attribuendo sempre un voto da 1 a 5, dove stavolta 1 vuol dire “non critico”, e 5 “molto critico”, la mancanza di rapporti sociali ottiene in media un 3,76, e l’impossibilità di interagire fisicamente con il proprio gruppo di lavoro 3,6. Anche per questo la settimana ideale andrebbe spezzata in due. Non vanno sottovalutati nemmeno alcuni problemi tecnico-logistici, come i problemi di connessione (3,19) gli spazi limitati a disposizione (3,09) e l’assenza di infrastrutture e strumenti idonei al lavoro da casa (3,05).
I manager sono poi d’accordo sul rischio di un ricorso eccessivo a videoconferenze, sull’alienazione del lavoro e sull’operare senza limiti orari. Ben venga infine la formazione online (3,5 su 5), ma quella in presenza resta la più apprezzata, con un punteggio di 4,4 su 5.
Quindi, volendo tirare le somme: lo smart working è l’inizio di una nuova normalità? Sì, a patto che tale “nuova normalità” non significhi votarsi al lavoro da remoto vita natural durante. Meglio pensare ad nuova normalità come ad una naturale e duratura evoluzione da parte di imprese e aziende: miglior gestione della tecnologia, rafforzamento della comunicazione tra i dipendenti e verso il cliente, maggiore flessibilità e adattamento ai cambiamenti in atto. Il Covid ha accelerato il cambiamento, ora tocca a imprese e aziende mantenere rotta e velocità.
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