La sostenibilità della comunicazione: usi ancora la “plastica”? (5/5)
Premessa: la plastica è stata fondamentale per lo sviluppo della nostra società. Non solo per i consumatori. Ma per tantissimi settori della vita economica e sociale, dalla medicina all’industria. Non è vero che la plastica sia diventata il nemico numero uno per la sopravvivenza del pianeta. Il problema è la sua gestione, che non può più essere indiscriminata e fuori controllo.
Il messaggio è forte e chiaro: la plastica va gestita nel suo uso. Va riciclata, va sostituita, va usata con responsabilità. E’ una risorsa preziosa. Altrimenti l’inquinamento che produce supera nettamente i suoi vantaggi.
Responsabilità, sostenibilità, gestione oculata, valore: sentirai già le affinità con la comunicazione.
Anche qui, nella comunicazione c’è la plastica: è tutto quel materiale a basso costo e quelle strategie “no-brainer” ovvero senza un briciolo di pensiero che sono state usate e abusate per fare tutto: dal marketing al customer care, dalla comunicazione interna alle relazioni esterne.
Hai presente il vecchio sacchetto di plastica porta tutto?
Ecco, una cosa così. In pratica la plastica comunicativa è, ancora oggi, l’uso sregolato di una soluzione-facile-lowcost-indifferenziata-inquinante per fare comunicazione.
Esempio: un manifesto affisso in punti a caso, in città a caso, che da solo fa tutta la comunicazione: presenta, spiega, convince. Niente (o quasi) web, magari social fatti poco e male. Basta. Tu punti tutto sulle affissioni e… “io speriamo che me la cavo”. Alla fine cosa comunichi? tutto e niente.
Cioè plastica: un materiale flessibile, adattabile, con cui puoi fare di tutto – ma niente in particolare. Funziona, regge fino alla fine dei tempi, ma è sempre uguale e non piace più.
Un altro esempio, su scala molto più ridotta: sui tuoi post social, senza piano editoriale, ci sono sempre quei quattro like messi in croce da parte dei soli quattro noti (di cui due sono gli admin della pagina e due sono dipendenti della tua azienda). Qual è il problema principale, tra i tanti? Pensare che per fare i social basti aggiornare ogni due mesi la bacheca con un contenuto promozionale rivolto a meno di 500 fan, che sarà visto più o meno da 50 di loro, se sei fortunato. E’ solo plastica! Tu comunque la paghi per farla fare (oppure la fai tu), ma quelli che inciampano sulla tua plastica comunicativa provano esattamente la stessa emozione di quando vai in spiaggia e la trovi ricoperta di tranci di sacchetti di plastica. Ti da un po’ fastidio, vero?
Vuoi ancora un altro esempio? Punti tutta la comunicazione, anche online, anche offline, solo sui deliziosi e colorati volantini pubblicitari di una volta.
Quelli che appena li vedevi nella tua buca delle lettere, sfoderavi la piccola chiavetta per aprirla e con un gesto degno di una cintura nera di karate, prendevi quel volantino e lo scaraventavi nel cestino dell’immondizia – nemmeno 1 secondo a leggerlo, nemmeno a capire di cosa parlava. Perchè? Perché è plastica: al 99% sono fatti per abbindolare gli ingenui, abbagliare gli occhi e provare a venderti qualcosa che non è stato pensato per te “personalmente” ma perché sei finito nel gruppo dei “Mario Bianchi” di turno.
Ecco: se lo fai anche tu per il volantino stampato, quando lo vedi in formato digital mentre sei “svaccato” sul divano e pensi solo a divertirti, come reagisci? Oppure, quando cerchi un prodotto particolare, ti basta trovare 2 righe striminzite di descrizione senza nessun approfondimento, recensione, commento? Ok, ci siamo capiti!
Il concetto di differenziazione vale benissimo anche qui: non usare solo la “plastica” per fare comunicazione. Non fare una comunicazione “di plastica”. Differenzia contenuti, canali, risorse umane, investimenti economici. Altrimenti spenderai tonnellate di euro solo per essere schifato dagli utenti o, peggio ancora, ignorato. Ne vale la pena?
… non è finita qui!
Scrivendo, nascono nuove idee, pertanto la differenziazione della comunicazione e la “raccolta differenziata” saranno il tema del prossimo post!
Grazie per la lettura!
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